venerdì 12 settembre 2014

Ancora sulla liturgia delle ore


Continua la nostra riflessione sulla liturgia delle ore e sull'opportunità di proporla ai laici.Abbiamo detto che qualunque forma di preghiera cristiana è sempre buona e va sempre rispettata.Tuttavia non tutte le forme di preghiera sono uguali ed hanno lo stesso valore e importanza

La liturgia delle ore non è una semplice preghiera ma la preghiera liturgica della Chiesa.Recitare una semplice preghiera non è la stessa cosa che recitare la liturgia delle ore.Infatti,come ho più volte detto,la liturgia delle ore è strettamente connessa alla Messa e un prolungamento della Santa Eucarestia.  
Tra la liturgia delle ore e altre formule di preghiera cristiana c'è la stessa differenza che esiste tra devozione privata liturgia.

Infatti mentre il Rosario,la coroncina della divina misericordia etc ,sono espressione della devozione privata e personale ,la liturgia delle ore è espressione della liturgica pubblica del Corpo Mistico della Chiesa.La liturgia delle ore è la preghiera del Corpo Mistico della anche quando viene pregata individualmente.Quando si recita la liturgia delle ore non si prega solo per se stessi o in modo individuale,ma ci si unisce alla liturgia universale della Chiesa.Come ho già detto,la liturgia delle ore è strettamente unita alla Santa Messa e questo è un motivo in più per recitarla.    
Come illustra la nota della Congregazione per il Culto Divino intitolata:"Risposte ad alcune domande concernenti  l'obbligo della recita della liturgia delle ore:

"Se la celebrazione della Liturgia delle Ore fosse considerata solamente sotto l’aspetto di un dovere da compiersi per soddisfare un obbligo canonico, anche se lo è effettivamente, una tale considerazione risulterebbe una visione troppo ristretta, mentre si deve considerare prima di tutto che l’ordinazione sacramentale al diaconato e al presbiterato implica una responsabilità particolare di innalzare verso Dio, Uno e Trino, la preghiera di azione di grazie per la sua bontà, per la sua sovrana bellezza e per il disegno misericordioso concernente la nostra salvezza sopranaturale".
La liturgia delle ore non è solo un obbligo da adempiere e non è un compito riservato solo al clero e ai religiosi ma investe tutta la Chiesa.
Su questo tema propongo una riflessione dell'ottimo teologo Clarettiano Padre Matias Augè sulla opportunità,da parte dei laici,di recitare la liturgia delle ore.Questa riflessione è tratta da "Rivista liturgica"e si può leggere interamente al seguente link:

3. La Liturgia delle Ore è preghiera della Chiesa
Nel paragrafo precedente abbiamo visto come non si può parlare della preghiera di Cristo senza coinvolgere nel discorso la preghiera dei fedeli cristiani.Se l’orazione di Cristo è espressione della sua unione personale con il Padre, e la preghiera dei cristiani,seguendo il suo esempio e il suo mandato, è anche espressione di comunione vitale con Dio e con tutti gli uomini, ne consegue che la preghiera cristiana è essenzialmente comunitaria e quindi ecclesiale, anche quando essa si svolge nel segreto della propria camera (cf. Mt 6,6).Anche nei momenti di preghiera più intima, il cristiano deve conservare un’apertura verso la comunità ecclesiale e verso l’intera umanità. Non è possibile essere in comunione con Dio e immergersi nel mistero del Cristo senza prendere coscienza che questo Dio è il Padre di tutti gli uomini e che Cristo è il Salvatore universale. Ogni preghiera cristiana è fatta sempre da un membro della Chiesa, per Cristo, nello Spirito. Dobbiamo aggiungere, però, che, in ogni caso, la celebrazione in comune della LdO rappresenta sempre un valore aggiunto, in quanto «manifesta più chiaramente la [sua] natura ecclesiale» (Principi e Norme Liturgia delle Ore 33).Che la Liturgia delle Ore non sia solo preghiera del clero (e dei monaci), ma vera e propria celebrazione ecclesiale, è una convinzione che, dopo secoli di pratico oblio, si è imposta soprattutto nel corso del movimento liturgico classico e ha trovato autorevole conferma nei documenti del Vaticano II nonché nella riforma da esso promossa.Contro una visione ecclesiologica ristretta in senso clericale, che rischiava di ridurre la Chiesa alla sola gerarchia, il Vaticano II, ricollegandosi all’antica tradizione cristiana, ha compreso la Chiesa di nuovo come soggetto comunitario che è costituito dall’intero popolo di Dio. Orbene, la comunità dei credenti diviene un soggetto comunitario attraverso l’ascolto comune della parola di Dio, attraverso la partecipazione alla celebrazione liturgica dei misteri della salvezza e alla preghiera comune nonché attraverso l’esperienza della vita fraterna comunitaria. Il soggetto Chiesa costituito in questo modo non è dunque un’ipostasi separabile dalla concreta comunità dei credenti.In questo particolare settore, si capisce meglio il progresso dottrinale compiuto dai PNLO,se vengono confrontati con l’impostazione dottrinale dei documenti magisteriali precedenti, compresi gli stessi documenti del Vaticano II.Prendiamo come punto di confronto il solo documento del magistero pontificio, anteriore al concilio, che si è occupato in modo significativo della teologia della Liturgia delle Ore, e cioè l’Enciclica Mediator Dei (= MD) di Pio XII (20.11.1947). All’inizio della parte terza, MD parla del «fondamento teologico» dell’Ufficio divino[1. Per meglio valutare però l’impostazione dottrinale della MD, è utile ricordare prima alcuni principi proposti dall’attuale CIC.Il Can. 834, § 2, del CIC, attenendosi al Can. 1256 del Codice precedente, delinea il concetto di culto liturgico, mettendone in rilievo le tre condizioni richieste tradizionalmente, e cioè il culto liturgico è tale «quando esso viene reso in nome della Chiesa, da parte di persone legittimamente a ciò deputate e mediante gli atti (libri) approvati dall’autorità della Chiesa stessa». MD riprende questi concetti giuridici e li applica alla Liturgia delle Ore:
«L’Ufficio divino è, dunque, la preghiera del corpo mistico di Cristo,rivolta a Dio a nome di tutti i cristiani e a loro beneficio,essendo fatta dai sacerdoti,dagli altri ministri della Chiesa e dai religiosi, a ciò dalla Chiesa stessa delegati».
Sembra che si dovrebbe concludere da queste affermazioni che l’Ufficio divino è preghiera del corpo mistico di Gesù Cristo solo quando viene celebrato da sacerdoti, ministri e religiosi a tale compito delegati.È evidente che sotto tutto questo non vi è soggiacente nessuna reale teologia, ma solo una semplice visione giuridica, applicata a realtà teologiche[. Il Vaticano II nella Sacrosantum Concilium ripete sostanzialmente la stessa dottrina:
«Il divino Ufficio, secondo l’antica tradizione cristiana, è costituito in modo da santificare tutto il corso del giorno e della notte per mezzo della lode di Dio. Quando poi a celebrare debitamente quel mirabile canto di lode sono i sacerdoti e altri a ciò deputati per incarico della Chiesa, o i fedeli che pregano insieme col sacerdote nella forma approvata, allora è veramente la voce della sposa stessa che parla allo sposo, anzi è preghiera di Cristo che, unito al suo corpo, rivolge al Padre» (SC 84).
Notiamo però una novità importante in questo testo conciliare, se confrontato con quello anteriore della MD, ed è l’inclusione dei «fedeli che pregano insieme col sacerdote». In ogni modo, la mentalità dell’insieme del testo è sempre prevalentemente quella giuridica del CIC.I PNLO compiono un significativo passo avanti, quando da un’impostazione che fin qui appare per lo più giuridica passano a un’impostazione di tipo strettamente teologico. Alla LC di Paolo VI. che afferma che l’Ufficio è «preghiera di tutto il popolo di Dio», fa eco la PNLO che esordisce con queste parole: «La preghiera pubblica e comune del popolo di Dio è giustamente ritenuta tra i principali compiti della Chiesa» (PNLO 1). E più avanti: «La Liturgia delle Ore, come tutte le altre azioni liturgiche, non è un’azione privata, ma appartiene a tutto il corpo della Chiesa» (PNLO 20). E verso la fine del documento, si afferma ancora: «La lode della Chiesa non è riservata, né per la sua origine, né per la sua natura, ai chierici o ai monaci, ma appartiene a tutta la comunità cristiana» (Principi e Norme Liturgia delle Ore 270). Ecco perché i ministri sacri devono curare che «i fedeli siano invitati e siano istruiti con opportuna catechesi a celebrare in comune, specialmente nei giorni di domenica e di festa, le parti principali della Liturgia delle Ore» (PNLO 23).Stabilito il principio teologico secondo cui la comunità intera è il soggetto primario della LdO, in PNLO 28-32 si parla del «mandato di celebrare la Liturgia delle Ore». In questo caso, però, il mandato o «deputazione» fatta ai ministri sacri (e ai religiosi) sta a indicare il livello ecclesiale della LdO. Infatti la Chiesa li deputa alla celebrazione della LdO «perché il compito di tutta la comunità sia adempiuto in modo sicuro e costante almeno per mezzo loro, e la preghiera di Cristo continui incessantemente nella Chiesa» (PNLO 28). La dimensione ecclesiale della LdO non è quindi legata a un mandato della Chiesa, ma è strettamente connessa con la deputazione alla preghiera insita nel battesimo e che riguarda perciò tutti i cristiani. Così si esprime autorevolmente il CCC dopo aver affermato – citando SC 98 – che la LdO è la preghiera pubblica della Chiesa: «Nella quale i fedeli (chierici, religiosi, laici) esercitano il sacerdozio regale dei battezzati» (CCC 1174). Notiamo che col termine «fedeli» vengono indicati sia i laici che i religiosi e i chierici[.A conferma di tutto ciò, si abbia presente che la LdO è preghiera della Chiesa anche quando la comunità orante è formata eventualmente da soli laici: «Anche i laici riuniti in convegno, sono invitati ad assolvere la missione della Chiesa, celebrando qualche parte della Liturgia delle Ore» (PNLO 27 [corsivi miei]; cf. n. 32; CIC, can. 230, § 3). In questo caso, in mancanza del sacerdote o del diacono, un laico può quindi «presiedere» la celebrazione della Liturgia delle Ore (cf. Principi e Norme Liturgia delle Ore 258).I laici esercitano questa presidenza in virtù del loro sacerdozio battesimale (cf. CCC 1669).Dopo quanto abbiamo detto, è evidente che il soggetto orante – ministro sacro, religioso o fedele laico – si deve autocomprendere anzitutto come Chiesa, come membro del popolo di Dio e, in concreto, come soggetto che forma parte di una assemblea. I Principi e Norne Liturgia delle Ore 20, applicano questo principio generale alla Liturgia delle Ore per esaltarne la sua celebrazione comunitaria:
«Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è “sacramento di unità”, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi» (SC 26)".