mercoledì 5 giugno 2013

Ancora sulla disciplina arcani



Dopo il nostro intervento sulla disciplina dell'arcano il Sig.Lino parla di essoterismo.Anche in questo caso si sbaglia l'essoterismo o esoterismo non c'entra nulla.Basta leggere l'Enciclopedia Cattolica per rendersene conto.Pubblico questo testo ,che parla della disciplina arcani ,tratto dall'Encilopedia Cattolica.La disciplina Arcani,tra l'altro, è arrivata fino ai nostri giorni.Il Sig.Lino dovrebbe riflettere che nella Messa Tridentina le parole del Canone si recitano a  bassa voce e ciò si chiama proprio "arcano".

DALL'ENCICLOPEDIA CATTOLICA


Ci fu però un periodo, tra il sec. III e il V,in cui fiorì tale disciplina, richiesta dalle esigenze del catecumenato,
istituito per preparare e meglio istruire i catecumeni al Battesimo.Comparve allora una distinzione nella predicazione e nella partecipazione alla Messa tra i catecumeni e i battezzati: ai primi si parlava del battesimo e dei principali dogmi soltanto, riservando l’istruzione completa, specialmente circa l’Eucaristia, a dopo che avessero ricevuto il Battesimo. Si ebbe quindi la Missa catechumenorum, cioè la prima parte della Messa fino all’Offertorio, e la Missa fidelium, cui i non battezzati non partecipavano.I Padri di quest’epoca ripetono spesso che ai catecumeni non si devono spiegare i misteri sacri; ma sembra che ciò sia stato più per misura di prudenza che per virtù di legge.Le prime testimonianze risalgono alla fine del sec. II e al principio del sec. III, con l’iscrizione di Abercio e Tertulliano (Ad uxorem, 2, 5): «Non sciet maritus [sc. paganus] quid secreto onte omnem cibum gustes [sc. s. Eucharistiam]».Nello stesso tempo, a Roma, un altro chiaro argomento ci offre s. Ippolito (Traditio apostolica, 16, 28-31), supposto però che queste parole non siano un’aggiunta posteriore: «Ne sinas vero infideles scire, nisi prius baptismum accceperint»; meno chiara è la testimonianza della Didascalia (3, 10, 7) per la Siria. Origene in diverse sue omelie (In Lev. hom., 9, 10; cf. In Num. hom., 5, 3; In Lev. hom., 13, 3; In Iud. hom., 5, 6; In Gen. hom., 17, 8) parla del sangue del Signore come mezzo di redenzione nostra e aggiunge: «Novit qui mysteriis imbutus est et carnem et sanguinem Verbi Dei: non immovemur in his quae scientibus nota sunt et ignorantibus patere non possunt».Il punto culminante della disciplina dell’arcano fu raggiunto durante il sec. IV e nella prima parte del sec. V. Così per l’Egitto l’attestano Atanasio (Apol. sec., 11, 2; 44, 4; 72, 6: egli rimprovera gli ariani e i meleziani di aver portato in tribunale la causa circa una profanazione avvenuta in chiesa durante la Messa, per cui i sacerdoti avevano dovuto dare al giudice laico non battezzato delle spiegazioni rimaste poi nei verbali) e, benché meno chiaramente, l’Eucologio di Serapione (3,3; 4,2; 20, 1); per la Palestina Cirillo di Gerusalemme (Procatechesis, 4-6; 12; Catech., 18, 32 sg.; 19-23), Eteria (Peregrinatio, 46 sg.); per la Siria s. Giovanni Crisostomo (In I Cor. hom., 40, 1: «Vorrei parlar chiaramente, ma non oso a causa degli iniziati»; cf. ibid., 27, 3; 28, 1), Teodoreto (Eranistes, 2; Haereticorum fabularum compendium, 5, 18); per Cipro s. Epifanio (Anchor., 57, 3-6); per la Cappadocia s. Basilio (De Spiritu Sancto, 25; 27; 66), s. Gregorio Nazianzeno (Oratio, 36, 2; 45, 16), s. Gregorio Nisseno (De baptismo: PG 46, 421); per Costantinopoli s. Giovanni Crisostomo (Epist. ad Innocentium, I, 52, 533), Sozomeno (Hist. eccl., I, 20). Ottima fonte per dimostrare l’influsso della disciplina dell’arcano sulla liturgia sono poi le Constitutiones Apostolorum (VII, 25, 5-7; VIII, 2-12).Nell’Occidente l’attestano s. Zenone di Verona (Tract., I, 4, 4; II, 5, 8), s. Ambrogio (De mysteriis, I, 2; Expositio in Evangelium S. Lucae, 7, 43; De excessu fratris sui Satyri, II, 43), s. Pietro Crisologo (Sermo 161 fin.) ed altri. Nel sec. V, si ricorda la cautela di papa Innocenzo I (Epist. ad Decentium): egli accenna a riguardi e reticenze circa l’Eucaristia, parla di «quelle cose che non debbo manifestare» e termina: «le altre cose non è lecito scriverle, te le spiegherò quando verrai a Roma». Agostino pure osserva pienamente la legge del silenzio (Serm., 4, 28.31; 5, 7; 132, 1; 234, 2; 272; In Io. tract., 22, 5; 45, 9, ecc.); in altri luoghi manifesta una maggiore libertà, il che indica forse uno svigorimento della disciplina, che presto scomparve.La disciplina dell’arcano comprendeva in ispecie questi oggetti:

a) i riti e le formole relative al Battesimo e alla Cresima o in rapporto con essi, come il testo del simbolo battesimale che conteneva la professione di fede nella S.ma Trinità, del Pater noster, preghiera della famiglia cristiana, poi in genere i dogmi principali della fede (cf. Traditio apost., 16, 23; 28 sg.; Cirillo di Gerusalemme, Catech., 18, 32 sg.; 19-23; Ambrogio, De myst., I, 2; 9,55; Epifanio, Anchor., 56, 3-6; ecc.). Per il simbolo: Cirillo, Catech., 1, 18; 6, 29; Eteria, Peregr., 46, 2-6; Ambrogio, De Cain. et Abel, I, 9; Agostino, Serm., 212-215; 228, 3; Sacramentario gelasiano, I, 35; ecc.; cf. F. Kattenbusch, Das Apostolische Symbol, I, Lipsia 1891, pp. 39-55. Per il Pater noster: Tertulliano, De baptismo, 20; Cipriano, De oratione dominica, 10; Cirillo di Gerusalemme, Catech., 23, 11-18; Const. Apost., VII, 44-45; Giovanni Crisostomo, In Col. hom. 6, 4; Agostino, Serm., 56-59; Ildefonso di Toledo, De cognitione Baptismi, 132; cf. F.J. Dölger, "Das erste Gebet der Täuflinge in der Gemeinschaft der Brüder", in Antike und Christentum 2 [1930], 142-155).

b) I riti e le formole relative all’Eucaristia (Tertulliano, Ad uxorem, 2, 5; Cipriano, De lapsis, 26; meglio Ambrogio, De excessu fratris sui Satyri, I, 43).

c) I libri concernenti i sacri misteri (Cirillo, Procatech., fin.).

d) Il luogo: durante la spiegazione del simbolo, durante l’amministrazione del Battesimo e la celebrazione eucaristica le porte dovevano essere chiuse per i non iniziati (Giovanni Crisostomo, In Matth. hom., 23, 3; Eteria, Peregr., 47, 2 ; cf. Ambrogio, De mysteriis, 2, 5), anzi custodite (Didascalia, II, 57, 6; Const. Apost., VIII, 11, 11).

e) Il tempo: la solenne iniziazione avveniva, come spesso presso i pagani, nel silenzio della notte (cf. Clemente di Alessandria, Protrept., 2, 22, 1; Cirillo di Gerusalemme, Procatech., 15; Firmico Materno, De errore prophanarum religionum, 22; Gregorio di Nazianzo, Oratio, 39, 4).
Era interdetto agli iniziati di parlare di queste cose anche nelle istruttorie giudiziarie (Atanasio, Apol. sec., 11, 44, 72) e ai non iniziati di ascoltarle (Sozomeno, Hist. eccl., I, 20); erano permesse solo oscure allusioni e «sono una specie di silenzio» (Basilio, De Spiritu Sancto, 66; Cirillo di Gerusalemme, Catech., 6, 29; Giovanni Crisostomo, In I Cor. hom., 40, 1); in casi di gravissima necessità, se ne poteva anche parlare (Giovanni Crisostomo, In I Cor. hom., 27, 3; 28, 1; Atanasio, Apol. sec., 11,2; Trad. apost., 16, 31); spesso gli autori per non interrompono l’argomento con un «norunt fideles» e simili espressioni (Origene, In Lev. hom., 9, 10; 13, 3; Agostino, In Ioh. tract., 22, 5; 45, 9; Serm., 4, 28.31; 5, 7; 132, 1; 232, 7; 234, 2; ecc.). La legge del silenzio però fu osservata diversamente, come lo dimostrano, ad esempio nei riguardi dell’Eucaristia, Epifanio (Anchor., 57, 3-6) contra Teodoreto (Eranistes, 2); del simbolo, Sozomeno (Hist. eccl., I, 20) contra Socrate (Hist. eccl., I, 8, 21 sg.). Era pure proibito l’accesso ai sacri misteri e il solo vederli (Basilio, De Spiritu Sancto, 66; Zenone, Tract., II, 5, 8; Ambrogio, De excessu fratris sui Satyri, I, 43); così pure la consegna dei libri sacri e liturgici (Cirillo di Gerusalemme, Procatechesis, fin. ad lectorem); Basilio (loc. cit.) ne proibisce ogni descrizione (cf. Sacramentario gelasiano, I, 35).Nessun autore però riferisce esservi una legge speciale che imponga tale silenzio ai neofiti; nessuno li costringe con giuramento o con promessa giurata all’osservanza della legge dell’arcano. S. Ambrogio (De mysteriis) la impone insieme alla conservazione della fede e della purezza dei costumi («silentii integritas»); secondo Zenone di Verona (Tract., I, 5, 8), la violazione del segreto è un sacrilegio; secondo le Constitutiones Apostolorum (VII, 25, 6) è un delitto che merita castigo.L’iniziazione avveniva gradatamente: si cominciava con la spiegazione del simbolo, poi seguiva la vera iniziazione, infine, nell’Ottava del Battesimo, la spiegazione dei riti (cf. Eteria, Peregr., 46 sg.; Cirillo di Gerusalemme, Catecheses; Ambrogio, De mysteriis; De sacramentis; Zenone, Tract., II, 30-77; Agostino, Serm., 212 e 260).Dopo il sec. V si trovano nei Padri solo rapidi accenni al segreto o al silenzio sui dogmi. Alcune tracce però ne rimasero nelle varie liturgie; così presso gli orientali l’ammonizione del diacono ai catecumeni di andarsene prima dell’Offertorio, di velare l’altare durante il Canone della Messa; nella liturgia latina, ad esempio, l’uso di recitare il Canone della Messa a bassa voce, di non tradurre in lingua volgare le parole della consacrazione eucaristica, il che dura fino ai nostri giorni [1948].