lunedì 21 gennaio 2013

Comunione sulla mano?E' il modo più antico di fare la comunione!

Nelle prime comunità cristiane era normale ricevere il corpo di Cristo direttamente sulle mani; al riguardo vi sono numerosissime testimonianze, sia nell'area orientale, sia in quella occidentale: molti Padri della Chiesa - Tertulliano, Cipriano, Cirillo di Gerusalemme, Basilio, Teodoro di Mopsuestia…-, diversi canoni giuridici sanciti durante sinodi e concili (il Sinodo di Costantinopoli del 629; i Sinodi delle Gallie tra VI e VII secolo; il Concilio di Auxerre avvenuto tra il 561 e il 605...), fino alle testimonianze dell'VIII secolo di s. Beda il Venerabile e s. Giovanni Damasceno: tutti attestano la medesima diffusa tradizione.

In questi documenti si chiede sempre che il comunicarsi sulla mano avvenga con grande rispetto e devozione: pulizia delle mani per gli uomini, velo sulla mano per le donne, mani disposte a forma di croce…ed inoltre si indica la profonda attenzione da avere contro il pericolo di profanazione (da sempre tenuto di conto).


Quando nel medioevo alcune correnti teologiche misero in discussione la modalità della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento - arrivando alcuni a definirlo come un segno vuoto che richiama solo lontanamente la realtà sostanziale del Signore presente in mezzo a noi - la reazione della comunità ecclesiale fu di sottolineare maggiormente la venerazione e l'adorazione per le Specie Eucaristiche fino ad introdurre il nuovo rito di ricevere la Comunione direttamente sulla bocca ed in ginocchio proprio per sottolinearne la grandezza della presenza reale del corpo di Cristo.

Dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, attraverso l'Istruzione Memoriale Domini promulgata dalla S. Congregazione per il culto Divino il 29 maggio 1969, la Chiesa ha lasciato alle singole Conferenze Episcopali la possibilità di richiedere la facoltà di introdurre l'uso di ricevere la Comunione sulla mano.

In Italia tale prassi è stata richiesta dalla Conferenza Episcopale nel maggio 1989 ed è entrata in vigore il 3 dicembre dello stesso anno, prima domenica di Avvento. Il testo dell'Istruzione sulla Comunione eucaristica, datato 19 luglio 1989, circa la modalità di questo ulteriore modo di ricevere l'ostia consacrata spiega: «Particolarmente appropriato appare oggi l'uso di accedere processionalmente all'altare ricevendo in piedi, con un gesto di riverenza, le specie eucaristiche, professando con l'Amen la fede nella presenza sacramentale di Cristo. Accanto all'uso della comunione sulla lingua, la Chiesa permette di dare l'eucaristia deponendola sulla mano dei fedeli protese entrambe verso il ministro, (la sinistra sopra la destra), ad accogliere con riverenza e rispetto il corpo di Cristo. I fedeli sono liberi di scegliere tra i due modi ammessi. Chi la riceve sulle mani la porterà alla bocca davanti al ministro o appena spostandosi di lato per consentire al fedele che segue di avanzare. Se la comunione viene data per intenzione, sarà consentita soltanto nel primo modo» (n° 14-15).

In alcuni blog si parla della comunione sulla mano come di un indulto.Per alcuni la comunione sulla lingua sarebbe la legge universale, invece quella nelle mani dei fedeli sarebbe un uso sottoposto a determinate norme o limiti, quindi un indulto. A conferma di questa loro opinione, viene ricordato che le Premesse al Rito della comunione e culto eucaristico fuori della Messa, al n. 21, si esprimono nel modo seguente: “Nel distribuire la santa Comunione, si conservi la consuetudine di deporre la particolare del pane consacrato sulla lingua dei comunicandi, consuetudine che poggia su una tradizione plurisecolare.Però le Conferenze episcopali possono stabilire, con la debita conferma della Sede apostolica, che nel territorio di loro competenza la santa Comunione si possa distribuire anche deponendo il pane consacrato nella meni dei fedeli…” .

Se ora applichiamo questo modo di ragionare all’uso del rito romano più antico, si potrebbe affermare: la forma ordinaria del rito romano rimane la legge universale del celebrare, non sottoposta ad alcuna “limitazione”. Invece la forma straordinaria è sottoposta dal legislatore ad alcune “limitazioni”.

Cito quelle più evidenti:

1)Nelle messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote può usare il Messale del 1962 “in qualsiasi giorno, eccettuando il Triduo Sacro” (SP, art. 2). “Se una singola comunità [degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica] vuole compiere tali celebrazioni [la celebrazione conventuale o comunitaria nei propri oratori secondo il Messale del 1962] spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari” (SP, art. 3).

2)“Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le richieste per la celebrazione” della Messa col Messale del 1962. “La celebrazione secondo il Messale del B. Giovanni XXIII può aver luogo nei giorni feriali; nelle domeniche e nelle festività si può anche avere una celebrazione di tal genere” (SP, art. 5, § 2).“L’Ordinario del luogo, se lo riterrà opportuno, potrà erigere una parrocchia personale a norma del can. 518 per le celebrazioni secondo la forma più antica del rito romano…”  (SP, art. 10).

Si noti, poi, che per quanto concerne la celebrazione dei sacramenti, il legislatore non parla (e quindi non concede?) la celebrazione del sacramento dell’Ordine nel rito romano più antico.
 
  Ripeto, in modo analogo a quanto detto sulle modalità del comunicarsi in bocca o sulla mano, la forma ordinaria del rito romano non è sottoposta ad alcuna limitazione, è il modo di celebrare universale; non si può dire lo stesso invece della forma straordinaria del rito romano. Si tratta quindi di un indulto? O, invece - come credo io -, sia la comunione sulla mano che la forma straordinaria del rito romano non sono da considerarsi tra gli indulti, ma tra le leggi?

Testimonianza storica circa la comunione sulle mani di S.Giovanni Crisostomo, (Catechesi mistagogica quinta 21-22).

“Quando dunque ti avvicini, non procedere con le palme delle mani aperte né con le dita separate. Ma fa’ con la tua mano sinistra un trono per la tua destra poiché sta per accogliere il re, e nel cavo della mano ricevi il corpo di Cristo rispondendo: ‘Amen’. Quindi, avendo santificato attentamente gli occhi al contatto del santo corpo, prendilo, preoccupandoti di non  perderne nulla. Qualora infatti tu ne perdessi qualcosa, sarebbe come se tu fossi privato di un tuo membro. Dimmi, se qualcuno ti avesse regalato dei frammenti di oro, non li terresti con grande precauzione, guardandoti dal perderne qualcosa o dal riceverne danno? Non farai dunque attenzione con molta più accuratezza su una cosa ancora più preziosa dell’oro e delle pietre preziose, per non perderne neppure un frammento? Infine, dopo aver comunicato al corpo di Cristo, accostati anche al calice del sangue, non stendendo le mani, ma inchinandoti e dicendo con un gesto di adorazione e di venerazione ‘Amen’. Santificati, partecipando anche al sangue di Cristo”.