ATTENZIONE!Diffidate del blog "osservatorio sul Cammino neocatecumenale secondo verità DIFFONDE IL FALSO!
Post più popolari
mercoledì 1 agosto 2012
La Messa come Sacrificio secondo il Concilio di Trento
Trovo di interesse questo passaggio tratto dal libro di Pierpaolo Caspani (Pane vivo spezzato per il mondo. Linee di teologia eucaristica,sul valore sacrificale della Messa.L’autore fa alcune“osservazioni critiche” sulla teologia eucaristica del concilio di Trento e a quella del dopo Trento molto interessanti:
"Nel decreto de ss. Missae sacrificio una sola sembra essere l’affermazione definita: quella secondo cui la messa è sacrificio in senso vero e proprio. D’altronde l’obiettivo del documento è precisamente quello di riaffermare questo dato, messo in discussione da tutti gli esponenti della Riforma. Se il dato è riproposto in modo netto, le spiegazioni addotte non sono né le migliori, né le più chiare, né le più complete. Il decreto riflette i limiti della teologia del suo tempo a proposito di questo tema e si rivela bisognoso di uno sviluppo ulteriore, la cui direzione sarebbe indicata dal testo stesso. C’è in effetti chi ritiene che esso orienti verso una comprensione sacramentale del carattere sacrificale della messa: la messa cioè sarebbe sacrificio, in quanto sacramento che ripresenta l’unico sacrificio della croce. In realtà, se effettivamente il testo contiene elementi che vanno in questa direzione, in esso non mancano elementi che spingono in una direzione diversa. Si pensi anzitutto al fatto che il decreto sembra comprendere il sacrificio della messa nel quadro di una nozione generale di sacrificio. In questa prospettiva, la messa è presentata come un momento particolare nella storia del sacrificio e del culto; precisamente il momento che segue il sacrificio anticotestamentario e quello del Calvario (“I sacrifici dell’Antico Testamento, il sacrificio della croce e quello della messa furono visti sullo stesso piano, sotto un unico concetto di sacrificio religioso”: A. Gerken, Teologia dell’eucaristia, 151). Un’impostazione di questo tipo tende obiettivamente a insinuare più la distinzione tra la messa e il Calvario che non la loro identità. Questa tendenza – non intenzionalmente perseguita, ma intrinseca alla prospettiva adottata – risulta comunque contenuta, in quanto più volte il testo ribadisce (sia pure in termini non risolutivi) la relatività della messa alla croce. La comprensione sacramentale del sacrificio della messa è però ostacolata soprattutto dal fatto che nel decreto dedicato a questo tema mai si parla di ‘sacramento’. Di questa categoria si era invece occupato undici anni prima il Decretum de ss. Eucharistia, riferendola al pane e vino consacrati, ma non alla celebrazione. “Già solo la separazione degli argomenti è un chiaro segno che il concilio non percepiva la intrinseca interdipendenza tra sacramentalità e carattere sacrificale della messa” (A. Gerken, Teologia dell’eucaristia, 153). Da ultimo, se nel testo si può riconoscere un orientamento verso la prospettiva sacramentale, si deve però ammettere che tale orientamento non è stato colto dalla teologia eucaristica dei secoli successivi a Trento, che elaborerà diversi tentativi di spiegare il valore sacrificale della messa, senza fare riferimento alcuno alla categoria di sacramento.
Pierpaolo Caspani (Pane vivo spezzato per il mondo. Linee di teologia eucaristica, (Cittadella, Assisi 2011, pp. 280-281).